Descrizione
Le origini di una primitiva cappella del Mortirolo risalirebbero secondo qualche storiografo camuno al XIV secolo ai piedi della quale i viandanti e i pellegrini, i fuggiaschi e i contrabbandieri, transitanti per il passo, sostavano a pregare la divinità. Qualcuno sostiene che la cappelletta sia stata eretta da un facoltoso commerciante veneziano per aver avuto salva la vita dopo un assalto dei briganti.
L’attuale
chiesetta ottocentesca è sorta invece tra il 1819 e il 1822, dopo una
lunga diatriba fra privati ed ecclesiasti, finanziati per intero da
Giacomo Melotti di Monno e dedicata al santo omonimo. Il 27 agosto 1821
il vescovo Gabrius Maria Nava firmava il decreto che approvava
l’autenticità dell’oratorio, il suo completamento, e riconosceva il
diritto privato. Nella visita pastorale del 22 agosto 1822, il vescovo
concedeva poi il permesso di benedirla e di celebrarvi la messa in
domenica. Nell’anno 1861, la relazione del parroco Isidoro Corazzina
indicava la chiesa come pubblica ma di diritto della famiglia Melotti,
che , comunque, non poteva farvi celebrare la messa senza il permesso
del parroco. La famiglia ottenne inoltre l’istituzione di un cappellano
che celebrasse in Mortirolo. Opere di ristrutturazione e di abbellimento
furono apportate nell’anno 1894 da quanto si legge nella scritta
scolpita sull’architrave dell’ingresso principale “M.P.F. 1894”. Dopo
gli eventi della prima guerra mondiale, durante la quale la chiesetta fu
utilizzata come magazzino, il maestro Benedetto Melotti fece consacrare
nuovamente l’edificio, grazie all’interessamento del parroco don
Battaini. Nella guerra di resistenza la chiesetta accoglieva le salme
dei combattenti e, in loro memoria, negli 1965 e 1981, vennero collocate
due lapidi marmoree col nome dei partigiani caduti, una sulla parte
interna a levante e l’altra su un cippo granitico posto sul sagrato.
Sempre nell’anno 1981, dopo i lavori di ristrutturazione la chiesetta
venne dedicata ai “Ribelli per Amore”.
L’interno è costituito da
una piccola navata. L’altare ligneo porta sul retro la seguente
dicitura: “Bormetti Giacomo e figli di Precasaglio fece questo altar di
nuovo e poi l’indurò. Ultimato per la festa di S. Giacomo il 25 luglio
1902. Posero per memoria”. La pala originaria, raffigurante il martirio
di S. Giacomo, venne rubata nell’anno 1990 e quindi sostituita nel
luglio 1991 con una nuova opera pittorica dell’artista bresciano
Giuliano Prati. L’ancona è impreziosita all’estremità superiore da un
raccordo di volume sovrastato da un’ampia conchiglia. Sulla volta del
presbiterio campeggia un medaglione con l’affrescatura dell’Assunzione,
mentre nella lunetta laterale sinistra è raffigurata Santa Lucia.
Sull’altare è situato un reliquiario che secondo la tradizione
conterrebbe un pezzo di stoffa dell’abito appartenuto a S. Giacomo
vescovo. Alcuni degli arredi sacri presenti furono donati nel 1946 dal
monnese Teodoro Antonioli per un voto fatto affinché terminasse al più
presto il secondo conflitto mondiale.